Sigourney Weaver Alienante Bellezza

SIGOURNEY WEAVER ALIENANTE BELLEZZA!
Dal celebre almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo, gruppo musicale italiano ecco un bel tributo dedicato alla nostra amata Sigourney per il suo compleanno!!


“Chi osa ancora parlare di “sesso debole”, deve non aver mai visto un film con SIGOURNEY WEAVER (e probabilmente ha avuto poco a che fare con le donne in generale…).
Ci sono attrici, cari amici dei Mutzhi Mambo, che hanno successo interpretando le figlie o le fidanzate di qualcuno e poi invecchiano interpretando mamme e nonne.
Sigourney Weaver giammai!
Si è imposta vigorosamente come un qualsiasi attore maschio, sterminando alieni e facendosi possedere da forze malvage, ed è maturata interpretando cattive, maestre di vita, boss di pericolose organizzazioni criminali o scienziate geniali.
Riuscire ad avere una grande carriera a Hollywood tra il 1979 e il 2019 ritagliandosi per tutti gli anni ’80 i migliori ruoli d’azione, senza mai diventare la pupa di qualcuno o la verginella da conquistare, rimane una caso tuttora eccezionale.
Bisogna dire che aveva il physique du rôle perfetto per gli anni ‘80: viso spigoloso, spilungona, coscia chilometrica, magra (senza essere una tavola), atletica, androgina e altera, ma senza mai rinunciare ad una spiccata e sensuale femminilità, espressa sempre con intelligenza e originalità.
Nessuno la rammenta quando si parla di femminismo o di “metoo”, perché non è mai stata una troppo impegnata in tal senso ma davvero poche come lei hanno creato nuovi ruoli e nuove possibilità dimostrando che una donna può essere credibile e sfondare anche come eroina in film d’azione senza passare dall’essere preventivamente un sex symbol.
Con questo non intendiamo affermare che la Weaver non lo sia, ma rispetto a Milla Jovovich, Scarlet Johansson, Charlize Theron o Angelina Jolie (per citare attrici strafighe che hanno poi avuto successo in ruoli d’azione), non è passata “prima” dal vaglio estetico…
Del resto era difficile affermarsi nelle commedie romantiche vantando un’altezza (per l’epoca) ragguardevole: 1,82 metri che mettevano in soggezione i divi che andavano per la maggiore come Harrison Ford e Bill Murray.
Meglio a questo punto, un viscido e letale xenomorfo alieno per testare le qualita della nostra.
Sigourney Weaver è diventata il prototipo dell’attrice invincibile delle pellicole fantastiche, d’azione e di tensione che infesteranno il cinema a venire: senza di lei nessuna Jovovich e i suoi “Resident Evil”, nessuna Jolie e i suoi “Tomb Rider”, nessuna Demi Moore ne “Il Soldato Jane”, ma nemmeno la Johansson (come “Vedova Nera”), né Michelle Rodriguez.
E l’elenco potrebbe allungarsi a dismisura, visto quanto si è affermato lo stereotipo delle tipe toste alle prese con situazioni estreme e pericolose e quante brave attrici, magari di ben altra estrazione, si sono prestate a ruoli action…
Ma diciamocelo, nessuna ha il carisma e la naturale credibilità della nostra Weaver.
Una donna assolutamente straordinaria, che ha saputo gestire ruoli diversissimi: una carriera artistica che si è caratterizzata per una continua ricerca di parti sempre coraggiose, a volte controverse, a volte non pienamente messe a fuoco (ma mai per sua colpa!) però quantomeno eclettiche ed interessanti.
Dopotutto, per giudicarla, è sufficiente vedere come ha saputo far maturare nei vari sequel di “Alien” la “sua” Ripley”, mai uguale a sé stessa ma sempre coerente con sé stessa, per dare una misura della sua immane bravura.
In definitiva, Sigourney è una delle migliori attrici in circolazione, e tanto basti!

Susan Alexandra Weaver (così all’anagrafe) nasce a New York, l’8 ottobre del 1949, figlia di un dirigente della NBC e di un’attrice britannica.
Inizia ad usare il nome Sigourney nel 1963, ispirandosi al personaggio del romanzo de “Il Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald.
Si laurea prima alla Stanford University e poi studia recitazione alla Yale School of Drama, nella città natale di New York.
Dimostra fin da giovanissima il suo eccezionale talento drammatico, soprattutto a teatro: all’inizio nelle produzioni Off di Broadway, con spettacoli di alto spessore come le commedie di Aristofane, e poi in diversi sceneggiati televisivi, tra cui “Somerset”, andato in onda dal ’70 al ’76.
Esordisce nel grande schermo con un piccolo ruolo in “Io e Annie” (1977), di Woody Allen, dove interpreta la fidanzata del protagonista, ripresa in lontananza (e perciò irriconoscibile) ma troverà il grande successo due anni dopo nei panni del tenente Ellen Ripley nel capolavoro di Ridley Scott, “Alien”, come la prima donna nella storia del cinema ad essere protagonista assoluta di un film di fantascienza.
Originariamente a lei toccava il ruolo di Lambert mentre, dopo aver scartato l’idea di un protagonista maschile, il regista inglese aveva scelto Veronica Cartwright come interprete di Ripley.
A un certo punto però Scott ha come un’intuizione e sceglie la nostra come protagonista.
Mai scelta sarà più azzeccata e si rivelerà una delle (tante) fortune del film!
Sigourney Weaver dimostra di avere il temperamento perfetto per la parte: un misto di fragilità e determinatezza, mai sopra le righe e assolutamente credibile nel tener testa all’alieno più letale e mostruoso mai apparso in celluloide.
È davvero il ruolo della vita che la lancia nell’empireo delle star hollywoodiane.
Consolida la sua fama con “Uno scomodo testimone” (1981) di Peter Yates ma il drammatico “Un anno vissuto pericolosamente (1982), di Peter Weir, e il satirico “L’affare del secolo” (1983), di William Friedkin, rischiano di deviare la sua carriera verso una dorata banalità: fortunatamente l’irresistibile “Ghostbusters” (1984), di Ivan Reitman, compie il miracolo.
Lei apparentemente ha la parte della damigella da salvare in un film dove i protagonisti sono quattro uomini, ma la sua prorompente personalità scombina le carte.
Chiunque altra al suo posto, sarebbe stata la solita fanciulla in pericolo che attende i cavalieri per trarla in salvo, invece Sigourney in ogni scena domina tutti: non ci sono storie romantiche sullo sfondo, lei vuole solo rimanere in vita e, quando alla fine viene posseduta da una divinità arcana e malvagia, non si esita nemmeno un secondo a crederlo possibile.
Semplicemente riesce a rendere tutto naturale…
Dopo la commedia “Alta, bella e pericolosa” (1985), di Daniel Vigne, girato in Francia con Gérard Depardieu, e il thriller erotico “Mistery” (1986), di Bob Swaim, girato in Inghilterra con Michael Caine, si saprà scegliere anche ruoli più particolari, come il biografico “Gorilla nella nebbia” (1988), di Michael Apted, sulla vita della naturalista Diane Fossey.
Torna poi ad interpretare Ripley in “Aliens – Scontro finale” (1986) di James Cameron, un sequel che, strano a dirsi, riesce a bissare il successo, anche in termini qualitativi, del suo predecessore.
Questo soprattutto grazie all’estro di Cameron, che aveva già dimostrato le sue abilità col ridicolo budget di “Terminator”, capace di lanciare Arnold Schwarzenegger nel ruolo dello spietato cyborg e soprattutto la splendida Linda Hamilton in quello della battagliera Sarah Connor.
Al regista piace infatti associare le donne all’azione e la nostra Weaver è l’attrice che fa per lui!
Il personaggio di Ellen Ripley viene ripreso, e completamente rimodellato e ridefinito.
Se nel capostipite era una ragazza “normale” capace suo malgrado di tirare fuori gli attributi per sconfiggere l’alieno, in “Aliens” diventa una specie di Bruce Willis o Sylvester Stallone al femminile, una vera eroina da cinema action, armata di tutto punto, dura, forte, determinata ed invincibile!
Il tutto in anni in cui questo era assolutamente un’unicum.
Si dimostra adatta anche a ruoli brillanti nei tiepidi “Una donna in carriera” (1988), di Mike Nichols, e “Dave – Presidente per un giorno” (1993), di Ivan Reitman.
Sempre per Reitman, è nel cast del debole sequel “Ghostbusters II” (1989), e poi torna altre due volte nei panni di Ripley nel cupissimo “Alien 3” (1992), di David Fincher, e nel quasi grottesco (e poco riuscito) “Alien – La clonazione” (1997), di Jean-Pierre Jeunet.
Di nuovo al servizio di Ridley Scott, è una splendida regina Isabella in “1492 – La conquista del paradiso” (1992).
Negli anni Novanta il suo ruolo più memorabile è nel noir “La morte e la fanciulla” (1994) di Roman Polanski, nei panni di una donna che, a quindici anni dalle torture subite durante la dittatura, crede di ritrovare e processa il suo carnefice; si ricordano pure il thrilling “Copycat – Omicidi in serie” (1995), di Jon Amiel; il fiabesco-horror “Biancaneve nella foresta nera” (1997); il drammatico “Tempesta di ghiaccio” (1997), debutto americano del regista taiwanese Ang Lee; il mediocre dramma “La mappa del mondo” (1999), di Scott Elliott; e il divertente “Galaxy Quest” (1999), di Dean Parisot, una parodia delle serie televisive di fantascienza, in particolare della celeberrima “Star Trek”.
Ritorna in gran forma nelle commedie “Una spia per caso” (2000), di Peter Askin e Douglas McGrath, remake del classico di Woody Allen, “Il dittatore dello Stato Libero di Bananas”, e “Heartbreakers – Vizio di famiglia” (2001), di David Mirko, dove la nostra interpreta una classica milf sfrontata, che acchiappa uomini danarosi, li sposa e poi si fa mettere le corna dalla figlia per incassare i soldi del divorzio.
La maturità rende la nostra ancora più affascinante ma i film scelti non sono davvero i migliori della sua carriera: sprecata nel film vincitore del premio Sundance per la regia “Tadpole – Un giovane seduttore a New York” (2002), di Gary Winick, denigrata in una commediola per ragazzi come “Holes – Buchi nel deserto” (2003), di Andrew Davis, brava ma passata inosservata nel drammatico “Imaginary Heroes” (2004), di Dan Harris, e in una piccola parte nel thriller “The Village” (2004), di M. Night Shyamalan.
La sua proverbiale capacità di scegliersi i ruoli giusti sembra averle voltato le spalle ma mai sottovalutarla!
Torna alla grande con “Snow Cake”, (2005), di Mark Evans, dove interpreta una madre autistica che ha appena perso la figlia in un incidente stradale.
L’anno dopo partecipa all’omaggio allo scrittore Truman Capote, “Infamous – Una pessima reputazione”, di Douglas McGrath, e continua questa rinnovata ondata di ottime interpretazioni con la commedia sullo spietato mondo delle produzioni televisive “The Tv Set” (2006), di Jake Kasdan, al fianco di David Duchovny, nel drammatico “The Girl in the Park” (2007), di David Auburne, e nel accattivante giallo “Prospettive di un delitto” (2008), di Pete Travis, che racconta, in stile iper-adrenalinico, l’intrecciarsi di diversi punti di vista durante un attentato al presidente degli Stati Uniti d’America.
Ha una parte nel divertente omaggio al cinema “Be Kind Rewind” (2008), di Michel Gondry, e prosegue sulla strada del registro comico in “Baby Mama” (2008), esordio dietro alla macchina da presa dello sceneggiatore Michael McCullers.
Nel 2009 è di nuovo alla ribalta, grazie alla rinnovata collaborazione con James Cameron, nel sopravvalutatissimo “Avatar” che la riporta nel trono di signora del mondo della fantascienza.
Poi interpreta l’action/thriller “Abduction” (2011), di John Singleton, l’hard-boiled “Rampart” (2011), di Oren Moverman, tratto da un soggetto di James Ellroy, con Woody Harrelson, mentre l’anno successivo è bello succoso grazie ai thriller con Bruce Willis “La fredda luce del giorno”, di Mabrouk El Mechri, e “Red Light”, di Rodrigo Cortés, con Robert De Niro.
Sempre lo stesso anno la troviamo nel curioso horror metacinematografico “Quella casa nel bosco”, di Drew Goddard (2012) e nello stravagante “Vamps”, una specie di parodia horror con ritmi da sit-com, diretta da Amy Heckerling.
Nel 2014 vorremmo non averla vista interpretare la regina Tuya nella boiata epico-biblica “Exodus – Dei e Re”, l’orrendo blockbuster di Ridley Scott con Christian Bale, incentrato sulla figura di Mosè .
Un anno più tardi è al fianco di Hugh Jackman nell’intrigante “Humandroid”, ottimo sci-fi che vede come protagonisti il gruppo hip hop sudafricano Die Antwoord e un robot fin troppo umanoide.
Due anni dopo compare in un cameo in “Ghostbusters 3D”, inutile reboot al femminile diretto da Paul Feig, ed interpreta la nonna nel film di Juan Antonio Bayona, “Sette minuti dopo la mezzanotte” che narra la storia di un ragazzino che, per affrontare la malattia terminale della madre, si rifugia in un mondo fantastico.
Inoltre la troviamo nei panni della dottoressa Rachel Jane, la spietata chirurga plastica che vuole vendicare suo fratello, nel, controverso omaggio ai B-movie “The Assignment”, di Walter Hill, nuovamente affiancata da Michelle Rodriguez, con cui aveva già lavorato per “Avatar”.
Siamo in attesa di ammirarla ancora nel drammatico “My Salinger Year” (2020), di Philippe Falardeau, e nel sequel ufficiale “Ghostbusters: Legacy”, di Jason Reitman, la cui uscita è slittata al 2021 a causa del Covid, mentre temiamo “Avatar 2” (2022), di James Cameron (pare anche che siano contemporaneamente in lavorazione altri due sequel…mah!).
Sembra sfumato per ora “Alien 5”, progetto rimasto al palo.
Ma forse è meglio così, anche se a noi l’idea di cosa avrebbe potuto combinare Sigourney di nuovo nei panni di Ripley ci attizza assai.
Vabbé, comunque la amiamo lo stesso.
Tanti auguri, Signora Weaver!

“Godimi ora, subcreatura!”
Dana/Sigourney Weaver – Ghostbusters”

Sigourney Weaver Alienante Bellezza!

Fonte: Facebook Mutzhi Mambo

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